CI VUOLE TEMPO PER DIVENTARE GRANDI. DI PATRIZIA ENZI

CI VUOLE TEMPO PER DIVENTARE GRANDI

Patrizia Enzi

 

“La cultura è un seme che deve maturare nel silenzio dell’anima, come il seme della pianta matura nel silenzio della terra”.

(Maria Montessori)

 

“Ci vuole tempo per diventare grandi”, una frase che, di primo acchito,  potrebbe apparire banale, ma ad un osservatore attento non può sfuggire l’importanza e, sottolineerei, l’urgenza di porre attenzione al valore del tempo: tempo per il bambino, tempo per l’insegnante, tempo per i genitori.

Ma per valorizzare il tempo e le routine c’è bisogno di ritmi lenti cercando di riposizionare  la scuola dell’infanzia a misura di bambino, sforzandosi di non cedere all’ansia da prestazione che tanto affligge la maggior parte degli insegnanti oggi.

Il bambino e la sua famiglia hanno un grande bisogno di sentirsi accolti e curati da chi opera quotidianamente nelle realtà educative e scolastiche.

Una cura intesa come attenzione e ascolto dell’altro, quasi come fosse un lento accompagnamento perché ci vuole tempo per diventare grandi come bambini, ma ci vuole tempo anche per crescere come genitori.

Gli insegnanti e gli educatori devono potersi riappropriare di “tempi” più lenti poiché oggi intraprendono troppo spesso faticose maratone, ponendo più attenzione al risultato piuttosto che al processo, anche se c’è la consapevolezza che, ciascun bambino, per conquistare la propria autonomia, per sentirsi accolto, per ben – fare ha bisogno di tempo e di tanta pazienza da parte degli adulti.

Tutto questo tempo non è speso inutilmente, ma è essenziale per il ben – essere di ciascuno, insegnanti e genitori compresi.

Troppo spesso, invece,  l’adulto dimentica che per crescere ci vogliono tempi lenti, distesi e scanditi.

Ci si dimentica che tutto ciò che sappiamo e che sappiamo fare l’abbiamo imparato da piccoli: il bambino si immerge nelle esperienze con tutto sé stesso, quasi che il tempo che sta vivendo non avesse mai fine. L’adulto, invece, cerca di riempire la vita del bambino di svariati  impegni…”perché così non si annoia…” non riuscendo a capire che così facendo egli uccide il tempo del bambino.

Prendiamo tempo, respiriamo lentamente il profumo degli attimi vissuti, soffermiamoci a godere della vita e di ciò che ci circonda: è sano riposare, rilassarsi, oziare (nel senso buono del termine). Restituiamo il tempo al bambino cercando di comprendere l’importanza delle tappe evolutive, dei suoi ritmi, delle sue pazienti ripetizioni.

Per dirla come Robert Fulghum[1], sarebbe meraviglioso se nel mondo tutti potessimo vivere le nostre giornate come al nido e alla scuola dell’infanzia con ritmi lenti, ben scanditi, giocando e riposando, quando necessario; facendo una bella merenda tutti insieme nel pomeriggio, ma soprattutto riordinando sempre là dove abbiamo messo in disordine!

 

A dieci anni, John Franklin (1786-1847), colui che sarà destinato a diventare uno dei più grandi esploratori artici inglesi, non riesce ancora ad afferrare la palla che gli lanciano i compagni. Capisce, non capisce. Rimugina parole. Stenta ad esprimersi. Un disadattato, si direbbe. Eppure John riflette, accumula nella memoria, costruisce dentro di sé, lentissimamente, una sicurezza incrollabile. A quattordici anni è pronto per iniziare l’inarrestabile ascesa che lo vedrà ufficiale di marina sulle prestigiose navi da guerra britanniche, poi al seguito di spedizioni scientifiche nell’Artico canadese; quindi per sei anni pacato governatore della colonia penale della Tasmania e esploratore del leggendario passaggio a nord-ovest.[2]

 

Ridare valore al tempo nella scuola è molto importante: appassionarsi, arrabbiarsi, gioire senza l’ansia di fare a tutti i costi per primeggiare, per essere competitivi, per raggiungere degli obiettivi nel modo prestabilito!

Non si tratta di istruire il bambino (inculcare nozioni), ma di educare nel senso etimologico del termine: educere, cioè “tirar fuori” le potenzialità e le capacità di cui ciascuno è portatore ricordando che il bambino non è tabula rasa, ma è portatore di esperienze di vita a livello familiare, culturale, sociale e territoriale (quando egli viene al mondo ha già fatto diverse esperienze anche nel grembo materno).

Oggi più che mai i bambini devono poter trovare ascolto, disponibilità e tempo per esprimersi, ma anche tempo per crescere giocando e divertendosi.

Attraverso una sapiente regia l’insegnante dovrebbe predisporre attività, ambienti, materiali al fine di consentire tutte le attività del bambino.

Si tratta principalmente di organizzare ambienti stimolanti e ricchi di varie opportunità in cui l’adulto diviene soprattutto un osservatore attento delle iniziative del bambino cercando di astenersi il più possibile dall’intervenire, ma prestando attenzione a ciò che egli scopre e fa, rendendosi disponibile qualora il bambino lo richieda.

L’insegnante regista, osservatore e mediatore aiuta il bambino ad intraprendere il grande viaggio alla scoperta di sé stesso e del mondo che lo circonda.

Nella società del fast food, del “tutto subito” il bambino è sempre più considerato come un contenitore da “ingozzare” di cognitivo, di televisione, di videogiochi, di abiti firmati, di cibo……..

È un bambino che deve crescere in fretta, in un mondo di adulti pronti ad offrirgli giocattoli sempre più appariscenti, ma incapaci di restituirgli i modelli di un gioco che egli non possiede più.

In questa società del “tutto pieno” il bambino è pieno di tante “cose”, ma è vuoto perchè gli mancano  coccole, affetto, sicurezza, autostima, autonomia, ascolto….e anche la parola, perché troppo spesso gli viene tolta.

I genitori sono sempre più spesso fragili, ansiosi e apprensivi. Lamentando un certo senso d’incapacità, nutrono aspettative che soffocano i figli, ponendo più attenzione al soddisfacimento dei bisogni primari a scapito dell’attenzione ai bisogni affettivo-emotivi.

I bambini, ma anche gli adulti, hanno perso dei poteri meravigliosi: la capacità di attendere, la gioia di desiderare, la capacità di stupirsi e di meravigliarsi.

Il bambino, scimmiottando l’adulto, smarrisce la propria identità.

D’altro canto, troppo spesso l’adulto dimentica di essere stato anch’esso un bambino!

Sta a noi adulti il compito di facilitare il bambino nella sua crescita come persona, creando un clima di massima disponibilità, serenità, dialogo e ascolto, oltre che predisporre un ambiente ricco di stimoli, esperienze ma anche colmo di affetto, di umanità e di profondo rispetto.

Oggi è necessario far gustare ai bambini il piacere di fare, godendo di ciò che si fa, con la voglia di lavorare insieme, attraverso la collaborazione e la condivisione. Sarà bello così entusiasmarsi tutti insieme per il risultato finale, qualunque esso sia, arrivandoci senza ansia, ma ciascuno con i propri tempi , i propri ritmi e le proprie capacità. L’autostima cresce e si rinforza; il bambino scopre le proprie risorse e vede valorizzate le proprie competenze imparando ad accettare anche i propri limiti.

 

“Nessuna guida, nessun maestro potrebbe indovinare il bisogno intimo di ogni allievo e il tempo di maturazione a ciascuno necessario: ma lasciando libero il bambino, tutto ciò, guidato dalla natura, ci viene rivelato.”[3]

(Maria Montessori)

 

[1] R. Fulghum, Tutto quello che mi serve sapere l’ho imparato all’asilo, Sperling e Kupfer

[2] Nadolny Sten, La scoperta della lentezza, Garzanti, Milano

[3] M. Montessori, L’autoeducazione nelle scuole elementari, Garzanti

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