Amare la matematica…si può!

L’ essere umano nasce con la capacità di formulare pensieri e astrazioni; il suo spirito tende verso l’esattezza, la misura e l’ordine.

È dotato di un’intelligenza matematica1 che sin dai primi mesi di vita gli permette di operare, a livello semantico, la quantificazione della realtà fino a tre elementi, attuare comparazioni approssimative tra gruppi di oggetti (“Dove ce ne sono di più, dove ce ne sono meno?”) e compiere operazioni additive e sottrattive semplici (1+1, 2-1).2

I numeri con tutto quanto è ad essi connesso divengono per il bambino stimoli scientifici che provocano attività psichiche vitali.3

Eppure, ancora oggi la percentuale di bambini e ragazzi che sviluppano un vero e proprio rifiuto nei confronti della matematica è elevatissimo, tanto più che il suo apprendimento, a differenza di quello del linguaggio, non è spontaneo; “gli oggetti matematici non sono sparsi nell’ambiente come gli alberi, i fiori e gli animali.4

L’ aritmetica viene vissuta come uno “scoglio” arduo da superare, una materia arida che richiede sforzi enormi.

Tutto ciò perché, se è vera nell’uomo l’esistenza di capacità matematiche innate, è altrettanto vero che il nostro sistema educativo non è in grado di offrire occasioni che ne permettano lo sviluppo; manca cioè un’alfabetizzazione matematica.

Non solo; la modalità tradizionale non tiene conto dei processi mentali del bambino.

Vengono, infatti, offerte proposte prettamente fonologiche, come l’acquisizione a memoria di regole e combinazioni di operazioni, ad esempio le tabelline, che non tengono, però, conto degli aspetti visuo-spaziali necessari all’apprendimento.

È solo “liberando” i bambini da tali procedure e fornendo, di contro, una visione chiara di ciò che la matematica può esprimere, che è possibile farla amare.

Vedere concretamente gli elementi aritmetici aiuta, infatti, il bambino ad astrarre i concetti necessari per progredire nello sviluppo.

Inoltre, le emozioni negative provate nell’apprendimento incidono così tanto le memorie della persona da renderla fortemente convinta di non essere capace; i ragazzini arrivano persino a manifestare vere e proprie forme di ansia.

Il tutto genera un progressivo rifiuto nei confronti della materia e non solo; sempre più ragazzi sono influenzati dal loro vissuto negativo anche nella scelta delle Facoltà Universitarie escludendo Corsi con troppi esami di matematica.

Uno studio del 2015 di McGaugh, J.L. evidenzia come l’attivazione emozionale favorisca, infatti, la creazione di memorie durature.5

Se, per esempio, nell’apprendimento della combinazione 7×8 le emozioni vissute dall’io- bambino sono state negative (ansia, timore, paura e incapacità) queste incidono così fortemente il mio sentire da risvegliare anche a distanza di molti anni, nell’io-adulto, quelle stesse emozioni tutte le volte che ci si ritroverà ad affrontare quella combinazione.

L’ attenzione alla sfera emotiva diventa allora fondante per i processi di apprendimento.

Maria Montessori ben si rese conto di tutti questi aspetti; secondo lei il fine dell’educazione matematica è di raffinare i processi mentali, di costruire il ragionamento e di potenziare le strutture psicologiche del pensiero del bambino.

Riteneva che ogni potere umano, tra cui quello matematico, sia potenzialmente presente nel bambino che ha, per sua natura, la possibilità di svilupparlo, realizzarlo e tradurlo in atto attraverso l’esperienza che fa nell’ambiente.

L’intelligenza è infatti portata naturalmente all’astrazione, ma questa deve estrarre le sue conquiste da un concreto. Tanto più questo concreto sarà stato ben conosciuto, tanto più ricca e chiara sarà l’astrazione.

La risposta a questi bisogni furono i materiali di sviluppo, le astrazioni materializzate.

“Un materiale col quale sono possibili la trasformazione di relazioni astratte in percezioni dirette, la costante ricerca di somiglianza e di differenza, la classificazione, l’uso di schemi come aiuto per organizzare una sequenza razionale, la comprensione- infine- della maniera con la quale sono organizzate e si organizzano determinate situazioni6

In tale visione, la strumentazione della matematica ha la funzione di allenare la mente a pensare e a comprendere i procedimenti del pensiero.

La Montessori paragona i materiali per l’aritmetica a “una palestra per la ginnastica mentale”.

Ogni individuo ha la possibilità, utilizzandoli, di progredire nell’apprendimento secondo il proprio ritmo e soprattutto con un coinvolgimento emotivo del tutto positivo.

“Il piacere nell’apprendere e l’orgoglio sono emozioni positive che predicono i risultati scolastici.”7

In venticinque anni di esperienza nelle sue scuole, la Montessori notò come nessuna materia quanto l’aritmetica entusiasmò i bambini, né in nessun’altra disciplina si raggiunsero progressi tanto sorprendenti.

Oggi, alla luce delle riflessioni fatte e supportate da studi scientifici, ci troviamo nell’oggettiva condizione di dovere operare dei cambiamenti radicali e possiamo trovare non solo le risposte, ma anche gli strumenti, nel Metodo Montessori superando pregiudizi e promuovendone, di contro, una profonda e sistematica conoscenza.

Mario Montessori, in conclusione alla prefazione del testo “Psicoaritmetica”, scrive: “il libro raggiungerà il suo scopo, se potrà mostrare al lettore anche soltanto squarci di questo immenso potenziale”.8

Allora (ri)leggiamo Psicoaritmetica e (ri)scopriamone il potenziale.

Soltanto recentemente gli uomini di scienza hanno predicato la necessità di rimuovere l’imperante analfabetismo matematico. […] al centro del processo educativo si è posto il bambino invece che le matematiche, e la nuova matematica ne è una realizzazione. Con essa l’accento non è più posto sulla padronanza di regole e tecniche, ma nel promuovere la comprensione di ciò che la matematica esprime.” 9

Amsterdam, Agosto 1971                Mario M. Montessori

Autrice dell’articolo: Stefania Bogoni, insegnante montessoriana di scuola primaria

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