L’ambientamento

Il periodo di ambientamento, agli inizi della frequenza di ogni bambino, si è dimostrato essenziale per l’attuazione del progetto. Se realizzato con la massima cura, l’ambientamento è fattore di prevenzione sia delle carenze affettive dei piccoli, sia dei comportamenti ansiosi dei genitori e degli adulti che lavorano nel Nido: ambientamento, cioè, come passaggio graduale dalla vita “a due” al rapporto con gli altri bambini e con altri adulti.
Per un tempo minimo di due settimane, comunque pensato e adattato al singolo  bambino, l’ambientamento costituisce per tutti coloro che vi sono coinvolti  un’esperienza piena di forti risonanze emotive, molte delle quali riconducibili alle difficoltà “della prima volta” e tali da rendere complessa la comunicazione interpersonale. Non è agevole una situazione in cui per la prima volta si intrecciano emozioni di adulti e di bambini profondamente legati fra loro con quelle di persone che conoscono poco o affatto: emozioni che vanno elaborate, trasformate, interpretate, spesso in tempi rapidi.
La qualità della vita in un Nido dipende moltissimo dai primi giorni, così come dall’entrata e dall’uscita quotidiane: tre momenti spesso sottovalutati, che invece, a un’analisi più attenta e meditata, appaiono fondamentali per la vita di relazione di un bambino al disotto dei tre anni di età. Riguardo ai genitori occorre riflettere sull’isolamento e sulle difficoltà legate alla vita urbana, all’ansia
provocata dalla separazione dal figlio e dal doverlo affidare a persone ignote.
Per le educatrici non sono pochi i problemi di identificazione con i vissuti del bambino e dei suoi familiari.
Per il bambino, infine, soprattutto nei primi mesi d’età, non bisogna sottovalutare la mancanza improvvisa di impressioni ormai stabilizzate rispetto alla madre o alla casa, il timore di perdere un legame per lui vitale, la paura di sensazioni nuove e impreviste sia pure mista alla curiosità, al piacere di incontrare un coetaneo o di avere fra le mani un oggetto interessante.
Tutto questo si supera con gradualità, con delicatezza di interventi, mettendo a proprio agio i genitori senza essere invasivi né troppo propositivi, lasciando al bambino il tempo di superare egli stesso la “distanza di sicurezza” che frappone fra sé e le cose che non conosce, comunicando la fiducia – anche nel personale del Nido – che ogni difficoltà o resistenza verrà superata con elasticità e con osservazione paziente.
Una volta completato il periodo di ambientamento, i bambini sviluppano la loro capacità di vivere molte ore lontano dai genitori e dalla casa. Perché ciò si realizzi senza sofferenze, in modo ‘attivo’, non imposto né subito, è necessario che il distacco dai genitori avvenga nel rispetto dei tempi e dei ritmi del singolo bambino e concordato con loro. Conquista dopo conquista, diviene operante solo dopo che ha trovato punti di riferimento stabili sia tra gli adulti, sia nell’ambiente, tanto da giungere a percepire il Nido stesso come un’estensione
della propria casa e della propria famiglia.
La compresenza delle educatrici, vero e proprio momento progettuale della vita al Nido, assicura risposte adeguate e individualizzate, e personalizza il rapporto tra adulto e bambino in un modo che risulta fondamentale per un sano sviluppo emotivo.
Personalizzandosi, tale rapporto si libera da modalità di esortazione o di ingiunzione (così frequenti nelle istituzioni infantili), per diventare comunicazione affettuosa, mai sostitutiva né seduttiva. L’educatrice stabile di riferimento è l’elemento di sicurezza che tuttavia lascia libero il bambino di agire secondo ritmi e interessi propri: un nuovo legame che rassicura e che garantisce la libertà
di agire in spazi altrettanto rassicuranti.

Estratto da “Montessori: perchè no?” a cura di Grazia Honegger Fresco – Leone Verde Editore, Collana Appunti Montessori

 

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